“E’ ora di cambiare atteggiamento – afferma Andrea Natale (PRC-FDS), Assessore all’Ambiente di Fossacesia – dobbiamo lavorare insieme e Febbo deve avviare quel percorso che non ha mai voluto avviare fin ora. Lo deve ai cittadini, lo deve a questo territorio se ha veramente a cuore il benessere di questo Territorio e vuole evitare il Commissariamento”.
Passata la data del 30 settembre e fatto il punto della documentazione pervenuta presso il Ministero dell’Ambiente e Regione Abruzzo, si avvia una fase delicata dove sarà il Ministro Prestigiacomo a decidere se commissariare o meno l’iter per avviarlo alla chiusura.
“Il sentimento prevalente nella cittadinanza degli otto comuni coinvolti non è la contrarietà al Parco, - dichiara Natale - ma la confusione. Molti – precisa l’Assessore - erano convinti che le “norme di salvaguardia” scattavano all’indomani delle approvazioni nei Consigli Comunali”.
“Spero – continua Natale - che questi sei mesi (o dieci anni) passati, a “confrontarci” nel modo sbagliato, siano stati sufficienti a farci capire che dobbiamo cambiare passo, fermarci, cambiare direzione, ripartendo con il doppio della velocità per costruire insieme un processo di condivisione, di crescita comune, di corresponsabilità. Dobbiamo – auspica Natale - chiudere l’iter del Parco Nazionale senza il Commissariamento, in tempi brevi, per poi iniziare a porre in essere la progettualità di cui disponiamo scrivendo un Piano socio-economico del Parco dove il progetto della Provincia di Chieti, il progetto del Comprensorio Turistico della Costa dei Trabocchi, l’innovazione dell’Automotive diventino gli assi principali. Chiedo all’Assessore Febbo – aggiunge Natale in conclusione della sua lettera – di seppellire “l’ascia di guerra” e dare ai cittadini della Costa dei Trabocchi, della Provincia di Chieti, e al Ministero dell’Ambiente, la dimostrazione che si è capaci di mettere da parte i preconcetti, di confrontarsi ed in modo responsabile scegliere per il meglio dando programmazione e sostanza al futuro che oggi e ora si chiama Parco Nazionale e che domani si chiamerà benessere durevole. Se non saremo capaci di fare questo – chiosa Natale - ci pensi allora il Ministero dell’Ambiente a fare il Parco di cui abbiamo bisogno, cercando di attuare quel percorso che noi non siamo riusciti a porre in essere fin ora”.
Egregio Assessore,
Onorevole Ministro,
“Non ci sono dubbi che il sistema economico sta affrontando una crisi globale di portata storica come non accadeva dal 1929. Le sofferenze, in particolare per i più deboli, non hanno precedenti negli ultimi settanta anni. Per quanto ormai nessuno neghi la dimensione globale della crisi, gli economisti negano decisamente che ci troviamo di fronte ad una crisi di sistema. I due concetti infatti, per quanto vengano sovente confusi, indicano due realtà ben diverse: mentre la prima fa rifermento alla scala del processo, ma rimane limitata essenzialmente alla sfera economica, la seconda coinvolge l'intero sistema ecologico-umano considerato nella sua interezza (Human Ecological System, HES, Raskin, 2008)”.
A tre anni dall’inizio di questa crisi, che come dice il Prof. Paul Raskin è sia di processo che di sistema, non si vedono segnali chiari di ri-fondazione del sistema, si sono cercate e si cercano piccole modifiche, aggiustamenti, che non risolvono il problema ci fanno perdere tempo utile a cambiare direzione con maggiore decisione. Stiamo andando a sbattere contro un muro ad una velocità pazzesca, abbiamo rallentato ma non per scelta nostra, e non si vedono segnali che indichino la volontà di frenare con decisione e invertire la direzione di marcia.
Ci siamo illusi, e ci hanno fatto credere e qualcuno ci crede ancora, che il nostro Pianeta avesse risorse illimitate, abbiamo consumato e distrutto habitat, specie, suolo, acqua, aria.
Abbiamo preso più di quello che potevamo e da qualche anno il nostro Pianeta ci sta presentando il conto.
“Di fronte alla globalizzazione, che non è altro che il trionfo planetario del mercato, bisogna concepire e volere una società nella quale i valori economici non siano più centrali (o unici). L'economia dev'essere rimessa al suo posto come semplice mezzo della vita umana e non come fine ultimo. Bisogna rinunciare a questa folle corsa verso un consumo sempre maggiore. Ciò non è solo necessario per evitare la distruzione definitiva delle condizioni di vita sulla Terra ma anche e soprattutto per fare uscire l'umanità dalla miseria psichica e morale. Si tratta di una vera decolonizzazione del nostro immaginario e di una diseconomicizzazione delle menti indispensabili per cambiare davvero il mondo prima che il cambiamento del mondo ce lo imponga nel dolore. Bisogna cominciare con il vedere le cose in altro modo perché possano diventare altre, perché sia possibile concepire soluzioni veramente originali e innovatrici. Si tratta di mettere al centro della vita umana altri significati e altre ragioni d'essere che l'espansione della produzione e del consumo Manifesto, Latouche, 2004).
Viviamo tempi straordinari e straordinarie devono essere le scelte che dobbiamo assumere, per poter dare risposte che producano risultati e ci diano come orizzonte non lo sviluppo o la crescita, ma bensì il benessere durevole delle nostre Comunità.
Tornare ad essere una Comunità, che decide e opera sul proprio territorio, per darsi un futuro. Una Comunità che si assume la responsabilità delle scelte che fa e che si devono fare. Siamo ridotti ad un insieme di individualità e il tornare ad essere una Comunità, una pluralità di soggetti arricchita dalle diversità di ognuno dipende da tutti noi, ma noi amministratori abbiamo una responsabilità in più. Oggi viviamo tempi nei quali non possiamo più permetterci di perdere tempo e di sprecare un solo euro. Noi amministratori abbiamo l’onere e l’onore di fare scelte sui nostri territori.
Farle e non subirle Assessore, su questo ha ragione, ma fare le scelte necessarie ad un Territorio, che si deve amministrare perché ci si è candidati a farlo, non vuol dire sottrarsi alle scelte quando ce ne si da la possibilità, non vuol dire rimandare la “patata bollente” ai cittadini.
Le scelte si partecipano, i territori si ascoltano, i “referendum” vanno fatti e quando non sono strumentali sono il sale della democrazia, ma gli scenari si devono delineare, le analisi devono essere fatte e confrontate con la realtà, con le procedure, con le possibilità, le strade, con le pratiche in atto nel resto del Mondo che risponde alla crisi meglio di noi.
Dobbiamo una risposta ai nostri cittadini e ai tanti che condividono il pensiero dei Diego Della Valle, dei tanti che anche se non hanno i soldi per comprarsi una intera pagina sui principali quotidiani nazionali, relativamente ai politici pensano soprattutto “allo spettacolo indecente che molti di voi (noi) stanno (stiamo) dando” come “non è più tollerabile” l’agire dei politici in Italia riferendosi alla ”buona parte degli appartenenti a tutti gli schieramenti politici”.
Affinché non prevalga l’antipolitica dobbiamo tornare a “cucinare” buona politica, ridando significato a questa parola, dobbiamo ridare un ruolo sociale ai partiti e ai corpi sociali intermedi tra la famiglia e lo Stato che negli ultimi 30 anni sono stati disgregati, banalizzati, offesi da coloro che Della Valle attacca e che hanno istigato e istigano un sentimento di rifiuto della politica nei cittadini.
Il Parco Nazionale della Costa Teatina, rappresenta per il nostro territorio, la cartina di tornasole di quello che accade al nostro Paese, l’Italia. Dobbiamo cambiare marcia, dare segnali decisi, diversi, investire le nostre poche risorse in settori e progetti che ci diano quell’orizzonte di benessere durevole, necessario, poggiato sulla qualità del vivere, dell’efficienza ecologica ed economica. Invece perdiamo tempo, alimentiamo paure invece di dare spiegazioni e far crescere i territori, litighiamo, non capiamo dove stiamo andando, perdiamo di vista il vero obiettivo, perdiamo risorse perché incapaci di progettare e pianificare insieme come regola e non come eccezione.
Il risultato di questo atteggiamento sbagliato: verso il futuro, verso la responsabilità delle scelte da prendere, verso la necessità di avere un progetto che tenda al benessere durevole, verso la necessità di fare fronte comune, come Territorio e come Comunità, per poter attirare e investire fondi da spendere e che producano effetti è la perdita di competitività, di fondi, di futuro. Questo atteggiamento che abbiamo visto in atto per il Parco Nazionale della Costa Teatina è la causa della perdita dei 40 milioni di fondi del POR FESR 2007/2013 che tornano indietro all’Unione Europea perché non utilizzati dalla Regione Abruzzo. Questi a differenza di altri fondi europei non è stato possibile riprenderli per il rotto della cuffia.
Da maggio 2010 quando è ripartito l’iter di istituzione del Parco, noi Comuni, siamo stati lasciati soli e fino a quando non c’è stato l’emendamento al Decreto “Milleproroghe” da parte del Sen. Legnini, da parte di molti non si è voluto legittimare il processo in atto.
Approvato l’emendamento in Parlamento, diventata legge la scadenza del 30.09.2011, non si è scelto di avviare una campagna informativa rivolta a cittadini ed amministratori, insieme al Ministero dell’Ambiente, per formare una base tecnica comune, parlare lo stesso linguaggio, analizzare i problemi avuti in alcuni Parchi e le buone prassi di quei Parchi Nazionali che funzionano. Non si è scelto di capire e confrontarsi per fare in modo di non ripetere gli errori degli altri, scegliendo di seguire chi invece ha intrapreso vie virtuose e vincenti, costruendo insieme un sapere, crescendo come territorio, trovando l’unità, la moderazione, il confronto e il coinvolgimento di tutte le parti in campo, partendo da quei progetti territoriali già condivisi che sono il Piano di Rigenerazione della Fascia Costiera della Provincia di Chieti, all’interno del quale c’è la “Via Verde”, e il Progetto del Comprensorio Turistico della Costa dei Trabocchi. Non è stato fatto questo percorso.
Invece si è preferita la strada della paura, dello scontro, si è costruita una “macchina della paura” su una lettura orientata di norme scritte su una bozza di Decreto Istitutivo, dato per discutere e non per imporre.
Si è prodotta confusione. Si è detto di voler cancellare la legge istitutiva del Parco perché il Parco era pericoloso per il futuro di questo Territorio.
Quasi mai un Parco Nazionale nasce coinvolgendo le realtà locali per definire il perimetro e le norme di salvaguardia, solitamente è il Ministero dell’Ambiente a definirli, sentita la Regione.
Per il nostro Parco si è fatta un’eccezione, a ragione o a torto, si è voluto scommettere sulla maturità di un territorio, viste anche le notizie e le lettere inviate dai Comuni della Costa dei Trabocchi al Ministero dell’Ambiente, contro le ricerche e le istanze di coltivazione di idrocarburi in Adriatico.
Il sentimento prevalente è l’incertezza. Dopo nove mesi di informazioni contrastanti, arrivate da Regione e Comuni contrari e Comitati “No Parco” in un senso e da Comuni favorevoli e Costituente “Vogliamo il Parco” dall’altra, su cos’è un Parco Nazionale, come nasce, quali le norme per la gestione, quali le possibilità di crescita e di sviluppo e quali gli errori da non seguire, il sentimento prevalente nella cittadinanza degli otto comuni, coinvolti da maggio 2010 nel secondo tentativo di chiusura dell’iter, non è la contrarietà al Parco, ma la confusione.
Ci sono i convinti per il “SI” e i convinti per il “NO”. Tanti non hanno capito niente. Molti hanno paura di esprimersi.
Molti degli incerti poi sono prevalentemente favorevoli o contrari a seconda se sono di centro-sinistra o di centro-destra, ma sono arrabbiati con la Regione, con la Provincia e con i Comuni perché non siamo riusciti, insieme, ad avviare un percorso serio e che gli desse la possibilità di capire cosa stava accadendo.
Le responsabilità e le colpe sono ripartite in modo diverso, ma oggi capire questo non mi interessa e non mi appassiona.
Molti cittadini la “verità” su cos’è un Parco, come funziona, sui vincoli e sulle opportunità che può offrire, l’hanno cercata, studiata e capita da soli. Qualcuno ha anche provato ad affiancare la carta stampata e il web, per cercare di fare ordine, ma avendo informazioni divergenti da fonti istituzionali diverse è difficoltoso capire.
Cercando la parola “Coordinare”, sul dizionario della lingua italiana, ho trovato la seguente definizione: ordinare, disporre, legare insieme per costituire un insieme coerente e organico più adatto al fine che si vuole raggiungere.
Il problema è stato il non collimare degli obiettivi e del fine da raggiungere? Ma la legge, soprattutto per gli amministratori, non deve essere il nostro faro, il nostro riferimento? Insieme a ciò che in Italia, in Europa e nel Mondo sappiamo essere le esperienze sui Parchi e le Aree Protette in generale?
Ci siamo spinti dentro una dicotomia inesistente, forse perché non siamo adatti ad assumere decisioni più grandi di noi, forse perché è più semplice spaventare una persona che spiegargli effettivamente le cose come sono e farla crescere.
Credo che il nostro Territorio, la nostra Comunità meriti di meglio!
Come pensiamo di guadagnare credibilità, come politici locali, dicendo di avere paura di un Ente Parco? Se un Ente Parco, come un Comune, “funziona bene” o “funziona male” a seconda delle scelte della politica, degli eletti meglio, degli amministratori. Chi ha deciso e perché ha deciso di Commissariare 3 dei 4 Parchi della Regione Abruzzo, se non la politica?
Come pensiamo di guadagnare credibilità, come politici locali, verso chi ci ha eletto, dicendo di avere paura di non contare più nulla, come Enti locali, se viene il Parco e l’Ente Parco? Quando questo accade se i rappresentanti che si scelgono per entrare nella Comunità del Parco, che sono amministratori locali e stanno dentro l’Ente Parco, non sono capaci di programmare, di pianificare, di guardare oltre il proprio naso e gli interessi che presumono di rappresentare.
Come si fa in sostanza a dire di avere paura di se stessi? Visto che le scelte, le nomine, i piani e i programmi dentro e attorno ad un Parco Nazionale devono farli i politici locali, gli amministratori locali, di concerto con i referenti e i rappresentanti dei nostri territori nelle istituzioni sovra-ordinate.
Si è alzata tanta polvere, troppa polvere. Soffiamola via. Mettiamo in ordine.
Spero che la documentazione inviata dai Comuni e dalla Regione Abruzzo al Ministero dell’Ambiente sia ritenuta sufficiente come base da rivedere e chiudere sulla base del sapere scientifico e non dell’empirismo di certa politica, che serva per un discorso da avviare nuovamente con uno spirito diverso, che avrebbe dovuto animarci tutti fin dall’inizio.
Spero che questi sei mesi (o dieci anni) passati, a “confrontarci” nel modo sbagliato, siano stati sufficienti a farci capire che dobbiamo cambiare passo, fermarci, cambiare direzione, ripartendo con il doppio della velocità per costruire insieme un processo di condivisione, di crescita comune, di corresponsabilità che ci conduca a chiudere l’iter del Parco Nazionale senza il Commissariamento, in tempi brevi, per poi iniziare a porre in essere la progettualità di cui disponiamo scrivendo un Piano socio-economico del Parco dove il progetto della Provincia di Chieti, il progetto del Comprensorio Turistico della Costa dei Trabocchi, l’innovazione dell’Automotive diventino gli assi principali.
Assessore Febbo, recuperiamo il tempo che abbiamo impiegato fin qui, in modo tale che non sia andato perso, diamo dimostrazione con i fatti che il nostro obiettivo comune è il benessere durevole del nostro Territorio, la Costa dei Trabocchi, il Sangro-Aventino e il Trigno-Sinello.
Un Parco Nazionale è un “modello” Assessore Febbo, non è ne l’inferno, né il paradiso.
La IUCN ci dice che di “tipologie” e di “modalità” con le quali “fare Parco” ne esistono molte.
La UE ci indica che in ambiti costieri per la sostenibilità applicata e il benessere durevole si devono seguire delle linee guida che ha fissato in una direttiva quadro la 2008/56/CE.
Il “modello Parco” funziona bene o male a seconda della professionalità, della capacità, della responsabilità e del senso di Comunità che le persone che vi lavorano e vivono hanno.
Assessore Febbo, avviamo quel processo che è necessario, ancora più ora, di confronto, di crescita comune, basato sulle verità tecniche che il Ministero dell’Ambiente e i suoi funzionari ci hanno indicato. Diamone contezza anche ai nostri territori, coinvolgiamo nel tavolo di coordinamento tutte le associazioni di categoria e i portatori d’interesse, il mondo accademico. Noi nel nostro piccolo a Fossacesia l’abbiamo fatto e ne abbiamo tratto una consapevolezza: la paura nasce dalla non conoscenza e dalla mancanza di confronto.
Le divergenze ci sono, ma devono essere esplicitate e ricondotte alla dimensione reale dal confronto su base tecnica ed oggettiva, poiché spesso nascono dalla non conoscenza o dalla cattiva informazione. E’ possibile e necessario confrontarsi valorizzando e non deprimendo le soggettività presenti al tavolo. Le preoccupazioni emerse dalle categorie produttive le dobbiamo rivoltare come proposte operative, per evitare di ripetere errori commessi in alcuni parchi seguendo l’esempio dei migliori, le buone prassi nazionali ed europee, cosa che noi abbiamo cercato di fare nel percorso che ci ha condotto alla nostra Deliberazione di Consiglio Comunale.
Creiamo, negli amministratori locali e nei cittadini, la base tecnica di conoscenza comune. Facciamolo insieme ai competenti funzionari ministeriali e regionali, per capire come un territorio particolare come il nostro, oggi più che mai può diventare Parco non compromettendo, ma regalandoci il benessere durevole del nostro Territorio e della nostra Comunità.
Coinvolgiamo le associazioni di categoria, le Università, le professionalità, i tecnici locali, ne abbiamo di bravi ed innamorati della loro terra, per redigere dei protocolli di gestione per quanto riguarda le attività agricole e riprendiamo quanto deciso nel progetto del Comprensorio Turistico della Costa dei Trabocchi per il nuovo turismo nel Parco per dare ad entrambe queste attività un orizzonte di sostenibilità necessario per ridare futuro e reddito all’interno di un Parco Nazionale.
Questo è quello di cui abbiamo bisogno, come Territorio, come Comunità, un processo che torni ad unire quello che è stato diviso, che plachi le paure e i rancori alimentati dalla pigrizia e dalla miopia di quanti si sono spesi per alimentare il caos, invece di fare chiarezza e orientare il confronto sulla strada della crescita comune.
La Regione Abruzzo, la Provincia di Chieti, gli otto Comuni della Costa dei Trabocchi (e gli altri 5 che hanno chiesto di essere coinvolti), le associazioni di categoria, il mondo accademico, gli imprenditori, i cittadini tutti, di questi territori sono capaci di camminare lungo questo percorso necessario, di confronto e di crescita comune.
Sta a noi decidere, nostra è la responsabilità come amministratori, in particolare Sua, visto che ha l’onore e l’onere di Coordinare il Tavolo Regionale e ne ha rivendicato e difeso la Presidenza.
Assessore Febbo seppelliamo “l’ascia di guerra” e diamo ai cittadini della Costa dei Trabocchi, della Provincia di Chieti, al Ministero dell’Ambiente, la dimostrazione che siamo capaci di mettere da parte i preconcetti, di confrontarci ed in modo responsabile scegliere per il meglio dando programmazione e sostanza al futuro che oggi e ora si chiama Parco Nazionale e che domani si chiamerà benessere durevole.
Se non saremo capaci di fare questo ci pensi allora il Ministero dell’Ambiente a fare il Parco di cui abbiamo bisogno, cercando di attuare quel percorso di cui ho parlato fin qui e che noi non saremo riusciti a porre in essere.
Sperando di poterLa presto vedere con rinnovato vigore a presiedere il “nostro” nuovo percorso comune verso il Parco Nazionale Le lascio i miei cordiali saluti.
L’ASSESSORE ALL’AMBIENTE
F.to Andrea Rosario NATALE
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